Israele: scoprire i Kibbutz tra tradizione e innovazione
Cosa significa andare alla scoperta dei Kibbutz di Israele? Significa compiere un viaggio all’interno di una realtà che racconta l’evolversi della storia di Israele, che ha saputo adattarsi ai mutamenti di una società straordinariamente dinamica, che ha perfettamente coniugato tradizione con innovazione e natura e che oggi offre la possibilità di trascorrere una vacanza indimenticabile in perfetta armonia con la natura.
Della storia e dell’evoluzione dei kibbutz abbiamo parlato l’11 novembre, in un incontro organizzato dall’Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo che ha visto la presenza del professore Emerito dell’Università Ebraica di Gerusalemme Sergio della Pergola, della direttrice dell’Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo Kalanit Goren Perry, del direttore della Guest House del Kibbutz Ketura Yuval Ben Hai e di Cristiano Veneziano, un frizzante massoterapeuta di origini italiane, trasferitosi nel Kibbutz Shafavim 12 anni fa.
La data scelta per realizzare l’incontro, – 11/11 alle ore 11 – , non è stata casuale se consideriamo l’11 il risultato della somma di 1+10 ovvero delle lettere alef e yud: la prima e la decima lettera dell’alfabeto ebraico. Alef rappresenta il principio e la luce, mentre yud è l’iniziale di Gerusalemme ed è un riferimento più ampio all’intero popolo di Israele. Un messaggio benaugurante dunque, ma anche un richiamo alla lunga e ricca storia di Israele.
I kibbutz in Israele proliferano da ormai oltre un secolo. Il primo kibbutz, quello di Degania Alef, risale al 1909, quando già numerosi ebrei europei si erano trasferiti nella regione grazie alle prime due Aliyah, le ondate migratorie verso la Terra Pomessa. La sua struttura innovativa, ispirata ai valori della condivisione e dell’uguaglianza, riscosse presto molto successo, tanto che venne replicata in molti altri centri sparsi per il Paese.
I kibbutz sono ancor oggi un elemento importantissimo per l’economia israeliana, dato che da loro derivano il 40% della produzione agricola nazionale e il 10% di quella industriale. Il loro contributo non è certamente solo economico: i kibbutz sono spesso luogo di ricerca e innovazione per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente, oltre che una delle esperienze più singolari e autentiche per i tanti turisti che visitano Israele ogni anno.
I kibbutz sono infatti luoghi aperti ai turisti nei quali è possibile scoprire le bellezze nascoste del Paese e testare in prima persona la proverbiale ospitalità israeliana. In Kibbutz è possibile anche svolgere un’esperienza di volontariato che si è rivelata alquanto significativa per tutti coloro che l’anno scelta soggiornando in questi villaggi spesso immersi nel verde per un periodo minimo di due mesi. Questi splendidi e affascinanti villaggi sono anche un’ottima alternativa low-cost per una vacanza a stretto contatto con la natura: hanno prezzi contenuti, ma molteplici attrattive.
Attualmente in Israele i kibbutz sono circa 250, ognuno con le proprie aziende e peculiarità: alcuni sono uniti dalla ricerca tecnologica, altri dalla vicinanza e dall’armonia verso la natura; alcuni hanno scelto di mantenere uno stile di vita parco, altri invece hanno optato per qualche lusso in più. Moltissimi Kibbutz offrono un livello di ospitalità altissimo che si snoda tra hotel, B&B, ospitalità all inclusive. L’universo dei kibbutz israeliani è insomma estremamente variegato, tanto che sarebbe impossibile racchiuderlo tutto sotto un’unica categoria.
Il più celebre kibbutz è sicuramente quello di Sde Boker, sorto nel 1952 nel sud di Israele, a 50km dalla città di Beer Sheva. Qui David Ben Gurion, storico Primo Ministro e fondatore dello Stato di Israele, trascorse l’ultima parte della sua vita ed è ancora possibile visitare la sua casa, oggi convertita in museo.
Il kibbutz ospita circa 80 famiglie che vivono grazie all’agricoltura e all’industria leggera. Sde Boker è un ottimo punto di partenza per andare alla scoperta del maestoso deserto del Negev e del parco nazionale di Ein Ovdat, famoso per i resti dell’antica civiltà nabatea, ma anche per la sua natura rigogliosa e incontaminata.